Chi non conosce questa meravigliosa poesia, che decanta il periodo della vendemmia in Italia? La ricorderanno, sicuramente tutti, dato che a scuola l’hanno dovuta imparare “a pappagallo”. Un po’ per astio, un po’ per poca memoria, quasi nessuno la saprebbe recitare, comprese le “virgole” e le intonazioni. Stiamo parlando di “San Martino”, ripassiamola insieme, vi va?
“San Martino” di Giosuè Carducci
La nebbia a gl’irti colli
piovigginando sale,
e sotto il maestrale
urla e biancheggia il mar;
ma per le vie del borgo
dal ribollir de’ tini
va l’aspro odor de i vini
l’anime a rallegrar.
Gira su’ ceppi accesi
lo spiedo scoppiettando:
sta il cacciator fischiando
su l’uscio a rimirar
tra le rossastre nubi
stormi d’uccelli neri,
com’esuli pensieri,
nel vespero migrar.
Spiegazione della poesia
San Martino è un’ode che fa parte della raccolta Rime Nuove scritta tra il 1861 e il 1887, stesso anno della pubblicazione. Fu pubblicata per la prima volta nel supplemento natalizio dell'”Illustrazione italiana” nel dicembre 1883. Il titolo della poesia si riferisce a un particolare giorno del calendario, l’11 novembre, in cui si celebra la maturazione del vino, il periodo di buona annata, insomma. Nella poesia si descrive un bellissimo e quieto paesaggio, quasi come una foto in bianco e nero (come quelle di quell’epoca, appunto), in cui il colore rossastro del tramonto serve a far risaltare il contrasto e del volo degli uccelli neri. Evidente, in questo componimento, è l’antitesi fra l’inquietudine, rappresentata dal mare in tempesta che fa fatica a risalire, e le cui onde di infrangono sulle rocce. Questa distesa d’acqua che “urla e biancheggia”evapora nella nebbia, ovvero tutto ciò che nasconde velatamente la realtà, che non ci fa comprendere quello che vogliamo veramente, finché non si giunge appunto all’allegria, come quella diffusa nel paesello in festa per l’arrivo del vino buono, ancora aspro. La serenità che si respira è avvertita anche dal cacciatore che osserva gli uccelli neri in volo verso l’ignoto, cioè quei cupi pensieri che volano via dalla nostra felicità. È una perfezione questa che si pensa durerà brevemente perché, tuttavia, di lì a poco Giosuè Carducci non ci sarà più.
Curiosità e testo della canzone-parodia di Fiorello
Due liriche di Ippolito Nievo obbligate nel 1858, quindi anni prima della pubblicazione di Rime nuove, erano composti con lo stesso metro di San Martino, e contenevano alcune parole e immagini in comune. Ciò ha indotto Dante Isella, un critico letterario dei nostri anni ’60, a considerare che Carducci si sia ispirato a queste liriche trasmutandole secondo la sua personale sensibilità. La particolare sonorità a cantilena di San Martino ha ispirato il conduttore siciliano Fiorello a scrivere una canzone un po’ più ritmata così si chiama la canzone usando il testo della poesia di San Martino, scomponendo le strofe e ripetendo la prima come fosse il ritornello. Ecco a voi il testo della poesia remixata (nel videoclip ufficiale degli anni ’90 Fiorello è vestito da docente che insegna, cantandola, la poesia ai suoi piccoli studenti, di modo che l’assimilazione sia meno “traumatica” possibile):
La nebbia agli irti colli – cantata da Fiorello
piovigginando sale
e sotto il maestrale
urla e biancheggia il mare
dal ribollir dei tini
va l’aspro odor dei vini
l’anime a rallegrar..
piovigginando sale
e sotto il maestrale
urla e biancheggia il mare…
stormi di uccelli neri
come esuli pensieri
nel vespero migrar…
piovigginando sale
e sotto il maestrale
lo spiedo scoppiettando
sta il cacciator fischiando
sull’uscio a rimirar…
piovigginando sale
e sotto il maestrale
urla e biancheggia il mare…